La scelta di Edith by Edith Eva Eger

La scelta di Edith by Edith Eva Eger

autore:Edith Eva Eger
La lingua: ita
Format: epub
editore: Corbaccio
pubblicato: 2017-09-03T16:00:00+00:00


Capitolo Tredici

Lei era là?

Nell’estate del 1955, quando Marianne aveva sette anni e Audrey uno, caricammo la nostra vecchia Ford grigia e lasciammo Baltimora per El Paso, in Texas. Demoralizzato dalla mancanza di prospettive nel lavoro, stanco della riprovazione e dei risentimenti di suo fratello, preoccupato per la sua salute, Béla si era messo in contatto con suo cugino, Bob Eger, sperando in un consiglio. Bob era il figlio adottivo del prozio di Béla, Albert, che era immigrato a Chicago con due dei suoi fratelli all’inizio del 1900, lasciando il quarto fratello, il nonno di Béla, a Prešov per gestire l’attività di vendita all’ingrosso che Béla aveva ereditato dopo la guerra. Erano stati gli Eger di Chicago ad aiutare George a trasferirsi in America negli anni Trenta, e sempre loro avevano garantito a noi la possibilità di ottenere dei visti registrando la famiglia Eger prima della guerra. Ero grata per la generosità e la lungimiranza degli Eger di Chicago, senza le quali non saremmo mai riusciti a trasferirci stabilmente in America. Ma quando Bob, che adesso viveva con sua moglie e due bambini a El Paso, disse a Béla «Venite nel West!» temevo che finissimo in un altro vicolo cieco travestito da opportunità. Bob ci rassicurò. Disse che a El Paso l’economia andava a gonfie vele, che in una città di confine gli immigrati erano meno segregati o emarginati, che la frontiera era il posto ideale per ricominciare da zero e reinventarsi la vita. Diede perfino una mano a Béla per trovare un lavoro come aiuto di un contabile per uno stipendio pari al doppio di quello che aveva a Baltimora. «L’aria del deserto farà bene ai miei polmoni» disse Béla. «Potremo permetterci una casa in affitto, invece di stare in un appartamento minuscolo.» E io acconsentii.

Cercammo di trasformare quel cambiamento radicale in un’avventura divertente come una vacanza. Percorrevamo autostrade panoramiche, alloggiavamo nei motel dotati di piscina e cercavamo di raggiungerli in tempo per concederci una nuotata rigenerante prima di cena. Nonostante le mie ansie per il trasferimento, per il costo della benzina, dei motel e dei pasti al ristorante, per i chilometri che ancora una volta si frapponevano tra Magda e me, mi ritrovai a sorridere più spesso. Non la maschera di un sorriso indossata per rassicurare la mia famiglia. Un sorriso vero, sul mio volto e nei miei occhi. Sentivo una nuova complicità con Béla che insegnava a Marianne barzellette innocenti e faceva saltare Audrey nell’acqua quando nuotavamo.

A El Paso la prima cosa che notai fu il cielo. Aperto, sgombro, sconfinato. Anche le montagne che chiudevano la città a nord attiravano il mio sguardo. Guardavo sempre in alto. In certe ore della giornata l’angolazione del sole appiattiva la catena montuosa in una vaga sagoma che pareva di cartone, un set cinematografico, e le cime erano di un marrone monotono e uniforme. Poi la luce si spostava, le montagne formavano un arcobaleno rosa, arancione, viola, rosso, dorato, blu scuro, la catena montuosa risaltava come una fisarmonica che, allungandosi, esponesse tutte le sue pieghe.



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